Le notizie sulla loro vita si perdono nel tempo e sono giunti a noi solo pochissimi documenti. Non si conosce con certezza il momento storico in cui vissero: secondo una tradizione avrebbero professato la loro fede durante l’impero di Nerone e sarebbero stati convertiti al Cristianesimo, assieme ai loro genitori, dal vescovo di Milano san Caio. Più probabile invece posizionare temporalmente le loro vite nella metà del III secolo, durante le persecuzioni nei confronti dei cristiani di Decio o Valeriano oppure qualche anno dopo, durante la persecuzione di Diocleziano. Durante il V secolo un autore anonimo ne ha composto la Passio, dalla quale è possibile ricavare alcune notizie sulla loro esistenza. La Passio racconta che anche i loro genitori furono martiri della cristianità.
Il padre Vitale di Milano venne ucciso mentre si trovava a Ravenna e la madre Valeria fu assassinata sulla via di ritorno per Milano. Appena venuti a conoscenza della morte dei genitori non pianificarono nessuna vendetta, anzi decisero di vendere tutti i beni di famiglia per distribuire il ricavato ai poveri di Milano. Passarono poi dieci anni della loro vita a pregare, meditare e professare tutti i dettami della cristianità. Quando il generale Anastaso passò con le sue truppe nella città, li denunciò come cristiani e li additò come persone da punire e da redimere. I due fratelli furono arrestati, torturati ed umiliati. A Protasio fu tagliata la testa con un colpo di spada, mentre Gervasio morì a seguito dei numerosi colpi di flagello ricevuti.
I loro corpi furono ritrovati il 17 giugno 386 nell’antica zona cimiteriale di Porta Vercellina (nell’area compresa tra la basilica di S. Ambrogio, l’Università Cattolica e la caserma Garibaldi) grazie ad uno scavo commissionato dal vescovo Ambrogio di Milano. Nessuno conosceva l’identità delle due spoglie, il loro ricordo era andato quasi completamente perduto. Il segretario e biografo di Ambrogio, narra che i due corpi furono riconosciuti grazie a una rivelazione che lo stesso Ambrogio ebbe e che è documentata da una lettre alla sorella Marcellina:
«Penetrò in me come l’ardore di un presagio. In breve: il Signore mi concesse la grazia. Nonostante che lo stesso clero manifestasse qualche timore, feci scavare la terra nella zona davanti ai cancelli dei santi Felice e Nabore» Ambrogio descrive il ritrovamento dei corpi di «due uomini di straordinaria statura», dei quali «tutte le ossa erano intatte, moltissimo era il sangue». All’immediato concorso dei fedeli seguì la profumazione dei corpi e il trasferimento nella basilica di Fausta; il giorno successivo le salme vennero traslate nella Basilica Martyrum (l’attuale basilica di Sant’Ambrogio), fatta costruire da Ambrogio stesso in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Con la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio nella nuova basilica Ambrogio introdusse, per la prima volta nella tradizione della Chiesa occidentale, la traslazione dei corpi dei martiri a scopo liturgico, secondo quanto già in uso in Oriente.
Egli stesso racconta nei suoi scritti che alla traslazione delle reliquie partecipò una grande folla e che durante la traslazione avvenne la guarigione di un cieco di nome Severo, che affermò di avere riacquistato la vista dopo avere toccato la veste che copriva una delle reliquie. Il 19 giugno Ambrogio consacrò ufficialmente la Basilica Martyrum con l’elezione a santi di Gervasio e Protasio e con la deposizione delle loro reliquie in un grande loculo posto sotto l’altare. Data che resterà legata alla Commemorazione liturgica.
Il ritrovamento delle reliquie di Gervasio e Protasio fu determinante per Ambrogio nel guadagnare l’approvazione dei fedeli cristiani di Milano nella controversia con gli ariani, che in quegli anni costituivano a Milano un numeroso gruppo in opposizione al vescovo cattolico. Effettivamente fu nel 386 che il contrasto con gli ariani toccò il punto di massima tensione, prima di risolversi decisamente a favore di Ambrogio.
Attorno al VI secolo molto probabilmente venne effettuata una ricognizione dei loro corpi. Nell’835 in occasione del rifacimento della basilica di Sant’Ambrogio ad opera di Angilberto II le spoglie dei due fratelli e quelle di Ambrogio furono rimosse dai loculi e poste in un’unica urna di porfido.
L’8 agosto 1871 l’urna di porfido venne aperta: risultava quasi completamente piena d’acqua stranamente limpidissima, sul fondo stavano adagiati 3 scheletri che furono attribuiti ad Ambrogio, Gervasio e Protasio. Il 14 maggio 1874 le reliquie dei santi furono deposte in una nuova urna più preziosa, in argento e cristallo.
Nel 2018 è stata fatta una ricognizione delle spoglie dei tre santi, coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo. Gli scheletri attribuiti a Gervasio e Protasio mostrano una significativa somiglianza morfologica e segni compatibili con il martirio ricordato dalla tradizione.

Last modified: 7 Giugno 2023
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