Il libro di Neemia, nella Bibbia, racconta l’impegno del popolo d’Israele intento a ricostruire le mura di Gerusalemme. Al lavoro generativo della gente, però, si oppongono le derisioni e le critiche dei popoli nemici: «Che vogliono fare questi miserabili Giudei?» […] «Edifichino pure! Se una volpe vi salta sopra, farà crollare il loro muro di pietra!» (Ne 3,34-35). Neemia, invece, ricorda l’unità e la caparbietà del popolo nel portare a termine l’opera intrapresa, commentando che «al popolo stava a cuore il lavoro» (Ne 3,38). Il brano biblico presenta la forte opposizione tra chi sta a guardare criticando e chi invece mette tutto l’impegno possibile perché nasca qualcosa di nuovo. È la contrapposizione tra il lavoro parlato e il lavoro realizzato concretamente, tra modelli vecchi di lavoro e nuove opportunità che si affacciano. In un contesto molto diverso, oggi scopriamo l’importanza della generatività, che si fonda sull’«amore pieno di verità» (CV 79). Il generare richiede la responsabilità e la capacità di uscire da se stessi per aprirsi all’altro nel segno di una vita segnata dall’amore, unica realtà in grado di rendere la vita piena e feconda. Ciò comporta un conflitto tra il vecchio che resiste e il nuovo che s’impone con la sua forza di cambiamento. A chi affronta questa dinamica è richiesto di abitare una sana tensione tra la paura di perdere quello che si era, o si deteneva come certezza nell’agire, e un rinnovato impegno verso nuovi stili di vita. D’altronde chi ha incontrato il Signore Gesù, chi lo ha sperimentato come Signore della propria vita, «è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52).

Last modified: 1 Maggio 2021
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